Sudafrica e Israele

L’Aja, Israele e Sudafrica: frattura europea e mille voci a sostegno

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Israele. Mille organizzazioni con il Sudafrica. L’Europa si spacca in due.

Il 29 dicembre 2023 il Sudafrica ha presentato un ricorso urgente alla Cig sostenendo che Israele sta violando la Convenzione delle Nazioni Unite sul genocidio, firmata nel 1948 sulla scia dell’Olocausto.

Il governo sudafricano ha scatenato una complessa reazione a livello internazionale con la sua azione presso la Corte Internazionale di Giustizia de l’Aja (Icj) contro Israele.

Più di mille organizzazioni, partiti, sindacati e movimenti da ogni angolo del globo hanno espresso il loro sostegno al Sud-Africa in questa causa.

Questo vasto fronte si unisce attraverso un appello congiunto, chiedendo ai paesi che non supportano la richiesta di Pretoria di unirsi per “dare forza alla denuncia formulata con buone argomentazioni”.

Le organizzazioni coinvolte spaziano da sigle americane come il MalcolmX Center, a britanniche come la Human Rights Commission e il Critical Studies of Zionism, e a quelle spagnole, belghe, francesi e tedesche.

Il sostegno internazionale e le adesioni di paesi chiave

Formalmente, il governo sudafricano ha ricevuto l’appoggio dei 57 paesi dell’Organizzazione di Cooperazione Islamica, tra cui Egitto, Albania, Turchia, Bolivia, Malesia, Namibia e Pakistan. Tuttavia, il panorama europeo è frammentato, con posizioni discordanti tra i 27 paesi membri dell’Unione Europea.

La Germania si schiera a favore di Israele, mentre Spagna e Belgio emergono come voci critiche, sostenendo apertamente il coraggio del Sud-Africa nella sua azione legale.

Fra i principali argomenti adottati a sostegno dell’accusa di genocidio nel dossier, vi è il blocco del cibo, dell’acqua,  del carburante e delle medicine a Gaza. 

Il documento afferma che le azioni di Israele “hanno carattere di genocidio perché mirano alla distruzione di una parte sostanziale” dei palestinesi di Gaza. Esse hanno ucciso (al 29 dicembre) più di 21.110 palestinesi identificati, oltre a più di 7.780 dispersi. “Israele ha anche devastato vaste aree di Gaza”, danneggiando oltre 355.000 abitazioni.

Ha costretto “all’evacuazione 1,9 milioni di persone, ovvero l’85% della popolazione”, ammassandole “in aree sempre più piccole, senza un riparo adeguato”, continuando ad attaccarle militarmente. 

Il documento fa riferimento a 75 anni di apartheid, 56 anni di “occupazione belligerante del territorio palestinese” e 16 anni di blocco di Gaza.

È importante notare che, oltre alle uccisioni e alle gravi perdite causate dalle azioni militari, Israele è anche accusato di aver “inflitto [agli abitanti di Gaza] condizioni di vita calcolate allo scopo di portare alla loro distruzione fisica come gruppo”.

Israele non è riuscito a “fornire o garantire cibo essenziale, acqua, medicine, carburante, riparo e altra assistenza umanitaria per la popolazione di Gaza assediata e bloccata”.

Israele e Sudafrica

Israele respinge in toto le accuse

Il 12 gennaio Israele ha definito “completamente distorte” le accuse di genocidio da cui deve difendersi davanti alla Corte internazionale di giustizia (Cig) dell’Aja, nei Paesi Bassi, aggiungendo che non riflettono la realtà del conflitto nella Striscia di Gaza. Queste le dichiarazioni del Ministro degli esteri israeliano al termine dell’udienza:

“Quando si tratta di Israele, sembra che i doppi standard di alcuni Paesi del mondo gridino alle stelle. Non vi è alcuna base per le affermazioni del SudAfrica contro Israele. anzi.

Non è stata presentata alcuna prova a riguardo, solo l’evidenza di una guerra difensiva morale come nessun’altra. Lo stesso Sud-Africa viola la Convenzione sul genocidio sostenendo l’organizzazione terroristica di Hamas che chiede l’eliminazione dello Stato di Israele.

Ho chiamato il consulente legale del Ministero degli Affari Esteri per ringraziare lui e i membri del team legale israeliano per la loro prestazione impressionante che ha minato tutte le argomentazioni ipocrite del Sud-Africa e ha rivelato il suo vero volto di leale rappresentante di un’organizzazione terroristica che ha assassinato neonati, bambini, donne e adulti massacrandoli in modo disumano. Spero che la denuncia venga respinta in toto e credo che la giustizia prevarrà”.

La polemica in Irlanda: Dissenso sulla parola “Genocidio”

In Irlanda, tradizionalmente schierata a favore della causa palestinese, il premier Leo Varadkar ha escluso il sostegno di Dublino al Sud-Africa alla Corte dell’Aja, sottolineando la necessità di usare con cautela il termine “genocidio”.

Questa posizione ha provocato l’indignazione di partiti di opposizione come Sinn Fein e Labour Party, che accusano Varadkar di mancanza di coraggio.

Il complicato rapporto tra Sudafrica e Israele

La storia delle relazioni tra i due Paesi ha conosciuto fasi alterne: all’epoca della vittoria del partito nazionalista afrikaner nel 1948, la folta comunità ebraica sudafricana, composta principalmente da ebrei scappati dai pogrom nell’800 in Lituania e Lettonia e successivamente dalla furia nazista, ebbe il timore di finire nel mirino di quelli che negli anni precedenti avevano avuto apertamente legami con il Terzo Reich, memori del loro antisemitismo.

Solo come esempio John Vorster, futuro primo ministro, durante la Seconda Guerra Mondiale fu internato in un campo di prigionia per le sue simpatie naziste e i suoi legami con le Camicie Grigie. Lo stesso Vorster, tuttavia, divenuto capo del governo, nel 1976 venne invitato con tutti gli onori nello Stato ebraico in nome degli “ideali condivisi da Israele e Sudafrica”.

Ma le preoccupazioni degli ebrei negli anni ’50 vennero nei fatti sconfessate: nonostante la promulgazione di leggi in stile Norimberga, in qualità di ‘bianchi’ non ne divennero vittime e nel giro di poco si adeguarono al sistema di apartheid, arrivando a sentirsi a proprio agio, in una comunanza di vedute e obiettivi.

Le isolate voci ebraiche contro la segregazione razziale venivano ostracizzate dalla classe dirigente che rifuggiva lo scontro con il governo. Una ‘neutralità’ portata avanti in nome della sicurezza dell’intera comunità.

Israele, che negli anni ’50 e ’60 – durante la costruzione di alleanze con i governi africani postcoloniali – era apertamente critico nei confronti dell’apartheid, dopo la guerra dello Yom Kippur nel 1973, che vide la maggior parte delle nazioni africane rompere le relazioni diplomatiche, si avvicinò a Pretoria.

A cementare le relazioni c’era la comune visione di essere popoli eletti in una terra data loro da Dio, un baluardo dei valori occidentali circondato da nemici che puntavano alla loro distruzione. Un’impostazione che li portava entrambi a giustificare la dominazione e oppressione di altri popoli.

Culmine di quel processo di avvicinamento fu nel 1976 la visita di Stato in Israele di Vorster, accolto con tutti gli onori. Da quel momento, i vertici della difesa dei due Paesi iniziarono una ‘storia d’amorè che diede vita tra l’altro a una proficua collaborazione nell’ambito dell’industria degli armamenti, fino ad arrivare a lavorare segretamente insieme allo sviluppo del nucleare.

Gli israeliani erano coinvolti in Angola come consulenti dell’esercito sudafricano mentre in Israele fabbriche producevano munizioni e attrezzature da utilizzare contro i manifestanti neri. 

Negli anni ’80, mentre proseguiva lo stretto rapporto tra i due Paesi, parallelamente si rafforzava il sostegno dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp) all’African National Congress (Anc), con entrambi che vedevano nelle reciproche lotte echi della propria. Quando Nelson Mandela usci’ dal carcere nel 1990, uno dei primi leader che incontrò fu il suo caro amico e confidente Yasser Arafat, che lui chiamava “compagno d’armi”.

“La nostra libertà è incompleta senza la libertà dei palestinesi”, è una delle frasi più citate dell’uomo-simbolo della lotta all’apartheid che nel 1994 vinse le prime elezioni democratiche nel Paese.
Nell’ultimo decennio, c’è stato uno spostamento politico della leadership sudafricana dell’Anc, schierata sempre più apertamente contro Israele, accusato di “pulizia etnica”, “apartheid” e ora di “genocidio”.

Questo tuttavia non ha impedito agli affari tra i due Paesi di proseguire: nel 2021, l’interscambio è stato valutato in 285 milioni di dollari, un terzo del commercio totale dello Stato ebraico con l’Africa sub-sahariana.

A 100 giorni dal massacro a Gaza ci sono state manifestazioni in tutto il mondo

Centinaia di migliaia di persone sono scese nelle strade di tutto il mondo per protestare contro la guerra a Gaza che il 14 gennaio è arrivata al centesimo giorno. Le manifestazioni fanno parte di una “giornata di azione globale per la Palestina” e chiedono la fine dello spargimento di sangue che ha ucciso 23.843 persone ferendone più di 60.317, secondo i funzionari sanitari palestinesi.

In Malesia, le persone si sono radunate presso l’ambasciata degli Stati Uniti per inviare un messaggio al fedele alleato di Israele. Manifestazioni si sono svolte anche in Indonesia, Sudafrica, Londra, Parigi, Vienna, Berlino, Amman e Washington DC.

In questo intricato contesto internazionale, l’azione legale del Sud-Africa contro Israele ha scatenato una serie di reazioni contrastanti.

Notizia dell’ultim’ora: Il Sudafrica ha informato l’amministrazione Biden che intende citare in giudizio gli Stati Uniti per il loro sostegno allo stato di genocidio a Gaza.

La complessità delle relazioni internazionali si riflette nei dibattiti su giustizia e informazione, dove il delicato equilibrio tra rispetto individuale e diritto all’informazione continua a sfidare la coesione europea e la stabilità politica globale.

Israele e Sudafrica