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Vietato distruggere gli invenduti. Raggiunto accordo Ue

Scienza e ambiente

L’Unione Europea ha raggiunto un accordo per vietare la distruzione degli invenduti, prodotti tessili, abbigliamento, accessori e calzature.

Questa misura mira a promuovere la sostenibilità e a ridurre gli sprechi nel settore della moda. L’accordo prevede il divieto diretto di distruggere tali prodotti invenduti e si applicherà a tutti i 27 Paesi membri dell’UE.  Si tratta di uno dei punti contemplati dall’accordo provvisorio raggiunto dalle istituzioni comunitarie per la progettazione eco-compatibile dei prodotti, che sostituisce la direttiva in vigore dal 2009 e ne amplia il raggio d’azione.

Il divieto di distruzione di ciò che non è stato venduto e potrebbe andare al macero non interesserà le piccole e micro imprese, mentre le medie imprese beneficeranno di un’esenzione di sei anni. La norma, inoltre, potrebbe preludere la decisione futura da parte della Commissione europea di applicare la misura anche su altre categorie di prodotti.

Il regolamento sull’ecodesign, infatti, riguarda quasi tutte le categorie di merci, dagli elettrodomestici alle finestre fino ai caricatori per auto, stabilendo una cornice normativa per renderli più efficienti ma anche più durevoli e riutilizzabili. Nell’orizzonte del pacchetto, anche l’introduzione di un “passaporto digitale” che fornirà informazioni sulla sostenibilità ambientale e tracciabilità dei prodotti.

Per quanto riguarda le sanzioni previste, l’accordo ne stabilisce i criteri ma saranno le autrità nazionali a deteminarle e applicarle.

I prodotti sostenibili diventeranno la norma, consentendo ai consumatori di risparmiare energia, riparare e fare scelte ambientali intelligenti quando fanno la spesa.

Vietare la distruzione di prodotti tessili e calzature invenduti contribuirà anche a un cambiamento nel modo in cui i produttori di fast fashion producono i loro beni.

Intanto, gli Stati membri restano in attesa di un regime comunitario ‘Epr’ (improntato, cioè, al principio della ‘Responsabilità estesa del produttore’) per il mondo del tessile-moda, predisponendo enti e misure ad hoc per non farsi trovare impreparati a un sistema che rivoluzionerà in direzione green tutto il comparto.

Il divieto di distruggere gli invenduti avrà diverse implicazioni per le aziende, in particolare nel settore della moda. Ecco alcune delle principali implicazioni:

  1. Sostenibilità: L’obbligo di non distruggere gli invenduti favorirà un approccio più sostenibile all’interno dell’industria della moda, incoraggiando le aziende a trovare alternative alla distruzione dei prodotti non venduti.
  2. Gestione dell’inventario: Le aziende dovranno rivedere le proprie pratiche di gestione dell’inventario per evitare accumuli eccessivi di prodotti invenduti, incoraggiando strategie come la riduzione della produzione e la donazione dei prodotti non venduti.
  3. Responsabilità estesa del produttore: L’accordo potrebbe portare a una maggiore attenzione verso il principio della responsabilità estesa del produttore, incoraggiando le aziende a prendersi cura del ciclo di vita completo dei loro prodotti, compresa la gestione degli invenduti.
  4. Esenzioni per le imprese: Le medie imprese beneficeranno di un’esenzione di sei anni dal divieto, il che potrebbe influenzare le strategie di gestione degli invenduti in base alle dimensioni dell’impresa.

In generale, il divieto avrà un impatto significativo sulle pratiche aziendali nel settore della moda, spingendo le aziende verso una maggiore sostenibilità e responsabilità nella gestione dei loro prodotti invenduti.

Il divieto di distruggere gli invenduti nel settore tessile e dell’abbigliamento, imposto dall’Unione Europea, è motivato da diverse ragioni:

  1. Sostenibilità ambientale: La distruzione di capi invenduti è considerata insostenibile dal punto di vista ambientale, in quanto comporta lo spreco di risorse e l’immissione di tessuti nell’ambiente. Il divieto mira a ridurre l’impatto ambientale e a promuovere pratiche più sostenibili all’interno dell’industria della moda.
  2. Riduzione degli sprechi: La distruzione di capi invenduti rappresenta una perdita di risorse economiche preziose, in quanto i beni sono prodotti, trasportati e successivamente distrutti senza mai essere utilizzati per lo scopo previsto. Il divieto mira a ridurre gli sprechi e a promuovere un utilizzo più efficiente delle risorse.
  3. Responsabilità economica e sociale: La normativa mira a promuovere una maggiore responsabilità economica e sociale all’interno dell’industria della moda, incoraggiando le aziende a gestire in modo più oculato la produzione e la destinazione dei capi invenduti.

La distruzione degli invenduti ha diverse conseguenze ambientali negative, tra cui:

  • Spreco di risorse: La distruzione dei capi invenduti comporta lo spreco di risorse utilizzate per la produzione, il trasporto e la commercializzazione di tali prodotti. Questo include l’uso di materiali, energia e acqua, contribuendo a un impatto ambientale significativo.
  • Inquinamento: La distruzione dei capi invenduti può portare a un aumento dei rifiuti tessili, contribuendo all’inquinamento del suolo e dell’acqua. Inoltre, la combustione dei tessuti può generare emissioni inquinanti nell’aria.
  • Impatto climatico: Il processo di produzione tessile e abbigliamento è associato a un’elevata emissione di gas serra. La distruzione dei capi invenduti contribuisce ulteriormente a questo impatto climatico, in quanto aumenta le le emissioni associate alla produzione di tali capi


Le decisioni dell’Unione Europea e la legge francese hanno, pertanto, imposto restrizioni alla distruzione degli invenduti, incoraggiando le aziende a considerare alternative sostenibili. Alcune delle alternative includono:

  1. Donazione: Le aziende possono donare i prodotti invenduti a organizzazioni benefiche o associazioni di solidarietà. Questa pratica non solo riduce gli sprechi, ma fornisce anche supporto a coloro che ne hanno bisogno.
  2. Riciclo: I prodotti invenduti possono essere riciclati per creare nuovi materiali o prodotti. Questa pratica promuove l’economia circolare e riduce l’impatto ambientale associato alla produzione di nuovi materiali.
  3. Riutilizzo: Gli invenduti possono essere riutilizzati per creare nuovi prodotti o essere venduti come prodotti di seconda mano. Questa pratica favorisce un approccio più sostenibile alla gestione degli invenduti.

Cos’è la EPR

La responsabilità estesa del produttore (EPR) è una metodica di gestione dei rifiuti e dell’inquinamento che incoraggia le aziende a progettare prodotti più riciclabili e a seguire processi di fabbricazione più sostenibili.

Questo principio prevede che il produttore sia tenuto a farsi carico della corretta gestione del prodotto una volta divenuto rifiuto, preferendo soluzioni riciclabili e recuperabili.

In Italia, il principio della responsabilità estesa del produttore è disciplinato dal Decreto Legislativo 3 settembre 2020, n. 116, che recepisce la direttiva (UE) 2018/851 in tema di economia circolare.

Tale principio si applica a qualsiasi persona fisica o giuridica che fabbrichi, trasformi, tratti, venda o importi prodotti, imponendo la responsabilità del corretto fine vita del prodotto una volta diventato rifiuto.

Le aziende devono dimostrare gli sforzi compiuti nella direzione di un modello di economia circolare, promuovendo soluzioni riciclabili e recuperabili.