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Inazione climatica, lo Stato è a processo a Roma

Scienza e ambiente

Al via anche in Italia il primo processo per inazione climatica: attivisti e associazioni ambientaliste fanno causa allo Stato che non ha rispettato gli impegni per la tutela del clima

Si è tenuta lo scorso 14 dicembre a Roma, presso il Tribunale Civile della capitale, la prima udienza della prima causa contro lo Stato Italiano, rappresentato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, per inazione climatica. L’accusa è composta da 203 persone, di cui 162 cittadini privati, 17 minori (rappresentato dai genitori) e 24 associazioni ambientaliste provenienti da tutto il territorio –fra cui Fridays for FutureAssociazione Terra!, Per il clima. Ora anche il nostro Stato, come già successo in altri Paesi (fra cui Olanda, Regno Unito e Francia) dovrà rispondere in aula di ciò che ha fatto e non ha fatto di fronte all’emergenza climatica.

Tutte le parti in causa si sono raggruppate nell’ambito della campagna di sensibilizzazione Giudizio Universale, mentre l’assistenza legale è stata affidata ad un team di avvocati, giuristi e docenti universitari fondatori della rete Legalità per il clima: fra loro l’avvocato Luca Saltalamacchia, esperto di tutela dei diritti umani e ambientali, l’avvocato Raffaele Cesari, esperto di Diritto civile dell’ambiente, e il professor Michele Carducci, esperto di Diritto climatico.

Gli obiettivi

Molti e diversi gli obiettivi della causa.

  • Primo fra tutti, quello di dichiarare lo Stato italiano responsabile di inadempienza nel contrasto all’emergenza climatica, poiché l’impegno messo in campo per contenere le emissioni e l’aumento della temperatura (come previsto dagli Accordi di Parigi) è considerato insufficiente.
  • Inoltre, si chiede allo Stato di riconoscere il diritto umano al clima stabile e sicuro.
  • Infine, si chiede di condannare lo Stato a ridurre le emissioni di gas a effetto serra del 92% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990, applicando il principio di equità e il principio di responsabilità comuni ma differenziate (Fair Share), ossia tenendo conto delle responsabilità storiche dell’Italia nelle emissioni di gas serra e delle sue attuali capacità tecnologiche e finanziarie attuali.

Fonte: GreenMe

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