Il lungo suono del tramonto
Spesso si smette di fare le cose: perché finisce la passione o perché ne inizia un’altra più avvincente; perché è giusto smettere un vizio per la propria salute, un comportamento per la propria dignità; perché smettono gli altri e siamo costretti ad adeguarci.
Lui amava la musica e ha dovuto smettere perché non poteva più suonarla. Per questo Bianca continuava a cantargli canzoni.
Quel giorno arrivò presto in ospedale, voleva stare con lui più tempo possibile. Di corsa su per le scale, perché l’ascensore era troppo lento. Un sorriso agli infermieri e via dentro la stanza.
"Come stai? Presto ti riportiamo a casa!", gli disse. Con un gesto le fece capire di volerci tornare subito. "Hai visto che bel sole c’è oggi?". Le sembrò di sentirlo rispondere: “Si, l’ho visto alzarsi stamattina. Lo sai che mi sveglio prestissimo”.
Intanto iniziava il viavai di amici e parenti che venivano a salutarlo, ad assicurarsi che stava meglio, a ricordare con lui le cose meravigliose fatte insieme. Bianca restava lì, in piedi vicina al letto, ad ascoltare e a cercare di interpretare i suoi sguardi per rispondere al posto suo.
Quella sera se ne andò controvoglia, al tramonto, uno di quelli da riempire l’anima. Scattò una foto pensando: “Domani gliela mostro, perché dal suo letto può vedere solo l’alba”.
Pochi minuti dopo mezzanotte squillò il telefono: "Vieni".
I numeri rossi sul monitor di osservazione decrescevano inesorabili: un numero in meno, un battito in meno…Con gli occhi sul display, Bianca continuava a cantare per lui a ritmo dei bip, e sottovoce per non disturbare gli altri pazienti.
Passarono ore prima che arrivasse lo zero e poi un suono lunghissimo, spietato…Lei smise di cantare.
Spesso si smette di fare le cose: quasi sempre succede perché lo vogliamo, qualche volta perché siamo costretti.
Una volta sola perché si spezza il cuore.
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