Rinnovabili, fotovoltaico: con le celle anti solari, energia anche di notte

celle anti solari

Celle anti solari in grado di generare energia dal sole di giorno e “invertire” il funzionamento di notte per continuare a produrre elettricità. Un concetto curioso ma su cui si sta da tempo arrovellando la ricerca di settore. Il termine “anti-solar” è stato scherzosamente coniato nel 2020 da un gruppo di scienziati di Stanford, ma ben incarna il nuovo concept tecnologico.

L’idea alla base è di integrare la tradizionale tecnologia fotovoltaica ad un generatore termoelettrico (TEG) basato sul raffrescamento radiativo notturno. Si tratta di un fenomeno mediante il quale un corpo – favorito da determinate condizioni di cielo terso e scarsa umidità – riesce ad “espellere” considerevoli quantità di calore nello spazio profondo, sotto forma di luce infrarossa. Questo flusso di calore può essere sfruttato direttamente per generare elettricità attraverso i TEG.

Di notte, infatti, anche le celle fotovoltaiche irradiano energia termica al cielo, raggiungendo temperature più basse di alcuni gradi dell’aria circostante. Integrando ai pannelli un modulo termoelettrico è possibile generare tensione (e quindi corrente) dal gradiente di temperatura creato tra cella ed aria. A patto di aver progettato adeguatamente il sistema sia sul lato caldo che sul quello freddo.

Nuovi progressi per il fotovoltaico notturno

Gli ultimi passi avanti in questo campo arrivano sempre dalla Stanford University. Qui un gruppo di ingegneri, tra cui il ricercatore Shanhui Fan che aveva partecipato allo studio 2020, ha realizzato un nuovo prototipo di celle anti solari. “Quello che siamo riusciti a fare è stato costruire il tutto con componenti standard, realizzando un ottimo contatto termico”, ha affermato Zunaid Omair uno degli autori della ricerca. “L’elemento più costoso dell’intera configurazione è il termoelettrico stesso”.

Il punto di arrivo per questa tecnologia è riuscire a generare almeno 1 watt per metro quadrato. Ma nonostante sia stata dimostrata teoricamente la possibilità di raggiungere potenze anche maggiori, il dispositivo di Stanford fornisce per ora solo 50 milliwatt per metro quadrato. Valore troppo contenuto anche se raddoppia i precedenti risultati raggiunti.

“Nessuno di questi componenti è stato progettato specificamente per questo scopo“, ha sottolineato Shanhui Fan. “Quindi, penso che ci sia spazio per miglioramenti. Nel senso che, se si progettasse davvero ciascuno di questi componenti per il nostro scopo, le prestazioni potrebbero aumentare”. Lo studio è apparso su Applied Physics Letters.

Fonte: Rinnovabili.it

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