Rapporto Motus-E auto

2035, auto elettriche e no: chi danneggia davvero l’automotive?

Scienza e ambiente

Oggi si sarebbe dovuto votare in seno al Consiglio europeo per ratificare il divieto di vendita a livello europeo di nuove auto con motore a combustione dopo il 2035, già approvato in via definitiva dal Parlamento europeo lo scorso 14 febbraio. Ma la decisione è stata rinviata per l’annuncio di astensione di Germania e Bulgaria e voto contrario di Italia e Polonia, dunque per evitare la cosiddetta “minoranza di blocco”.

Il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin (che si fece notare a L’Aquila per una battuta del tutto fuori luogo sul cambiamento climatico), si è subito affrettato a dichiarare “Sullo stop alle auto a diesel e benzina, abbiamo dettato la linea in Europa. Adesso bisogna cambiare tempistiche e obiettivi. A rischio ci sono 70 mila posti di lavoro. Oltre l’elettrico c’è il biocarburante.”

Il presidente della Regione Abruzzo, Marco Marsilio, si è accodato rendendo “grazie al Presidente del Consiglio Giorgia Meloni” perché “è stato rinviato a data da destinarsi il voto definitivo sullo stop ai motori termici dal 2035. Una misura sbagliata e pericolosa che avrebbe provocato un disastro economico anche in Abruzzo.”

I numeri dell’automotive al 2030

Ma qual è la realtà del settore? A metà dicembre scorso è stato pubblicato il Rapporto sulle trasformazioni dell’ecosistema automotive italiano, da Motus-E. Quest’ultima è l’Associazione italiana costituita da operatori industriali della filiera dell’automotive, mondo accademico e movimenti di opinione “per fare sistema e accelerare il cambiamento verso la mobilità elettrica”. Basta vedere quali siano i partner per capire le competenze associate.

Nel Rapporto si legge che “secondo le più recenti stime, elaborate partendo dalle strategie delle maggiori case automobilistiche, gli stanziamenti complessivi per l’elettrificazione raggiungeranno quota 1.160 miliardi di euro nel mondo entro il 2030.” Motus-E traccia un’analisi minuziosa della filiera, con la mappatura di 2.400 imprese che impiegano circa 280mila occupati.

Scenario occupazionale automotive al 2030

Il Rapporto prosegue cercando di “isolare l’effetto della transizione elettrica sugli occupati automotive italiani”, rendendo l’analisi comparabile con gli altri studi esistenti, sulla base di:

  • 3 variabili: la reattività degli occupati dedicati alla produzione di componenti per motori endotermici; la produzione totale e il mercato europeo; la produzione di veicoli elettrici in Europa;
  • 4 ipotesi: una sostanziale equidistribuzione degli occupati tra i prodotti in portafoglio di ogni azienda; una proporzionalità diretta tra il rischio aziendale e il numero di componenti dedicate all’endotermico; l’invarianza dell’esposizione della filiera della componentistica italiana verso i committenti europei; la non contabilizzazione del contributo occupazionale positivo del comparto infrastrutture ed energia collegato alla mobilità elettrica.

L’impatto complessivo sarebbe il seguente, con un aumento del 6% degli occupati tra 2020 e 2030:

occupati automotive

ICE è la produzione per veicoli a combustione interna, BEV quella per veicoli elettrici a batteria.

Stellantis e Dare Forward 2030

Quasi un anno fa, Stellantis, ha pubblicato il suo piano strategico Dare Forward 2030 nel quale, in sintesi, annuncia i propri obiettivi di decarbonizzazione al 2038, con dimezzamento delle emissioni al 2030. Obiettivo di mercato al 2030 è il 100% di vendite da veicoli elettrici in Europa e il 50% negli Stati Uniti.

Chi frena, tutela o danneggia imprese e lavoratori?

Questi sono i numeri di chi lavora nell’automotive, dell’industria che già ha tracciato la sua inevitabile traiettoria trasformativa.

“Indipendentemente da questa data, oggetto ormai di uno scontro più che altro ideologico e mediatico”, sottolinea il segretario generale di Motus-E, Francesco Naso, “il settore ha già iniziato da tempo a muoversi a grandi passi verso l’elettrico, con investimenti senza precedenti che porteranno molti costruttori a diventare full electric ben prima del 2035”. 

“Il vero tema su cui dobbiamo concentrarci”, spiega il segretario generale di Motus-E, “è la reattività del nostro sistema Paese di fronte a un megatrend inarrestabile, perché

ogni giorno perso a litigare sul 2035 o su altri aspetti marginali di una transizione tracciata è un giorno di vantaggio che regaliamo ad altri Stati, per cogliere le opportunità industriali

che noi stiamo già mappando con l’Osservatorio sulle trasformazioni dell’ecosistema automotive”. 

Alla luce di tutto questo, chi è che sta danneggiando e danneggerà realmente il settore, cioè imprese e lavoratori, con il freno alla transizione?

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