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Fake news e errore giornalistico. Implicazioni etiche 

sPunti Di Vista

Non sempre una notizia non verificata è necessariamente una fake news. La mancata o accurata verifica di una notizia e la susseguente diffusione virale sui social portano spesso a credere che si tratti di fake news create ad arte. Spesso, ma non così tanto, assistiamo a media che cancellano i loro articoli e in alcuni casi non danno spiegazioni al loro pubblico. 

Quali sono le conseguenze di questi eventi? Disinformazione

I media e i giornalisti contribuiscono al fenomeno ‘infodemia’, cioè alla quantità di “notizie false” o contenuti con interessi politici ed economici che non corrispondono alla realtà e ciò viola, ovviamente, il diritto dei lettori, in particolare quello di avere informazioni veritiere e tempestive.

Ma il fenomeno delle fake news e delle implicazioni giornalistiche è piuttosto complesso. 

Il problema unisce molte variabili, che vanno dalle nuove dinamiche all’interno delle redazioni, all’influenza degli algoritmi, all’omissione dei fondamenti etici del giornalismo che mettono in luce le responsabilità della professione.

Dobbiamo sempre pensare che la fonte possa mentirci, perché il dubbio è l’elemento principale del giornalista. E’ sempre più frequente vedere pubblicato ciò che dice un’unica fonte. Ancora più grave è vedere come questa tendenza si ripeta anche nel giornalismo investigativo con una sola fonte. 

Se a ciò aggiungiamo che i social network sono stati trasformati in fonti che portano al giornalismo “con pezzetti di informazione”, è molto pericoloso.

Un’altra ragione del peggioramento della qualità dell’informazione diffusa dai media e dai giornalisti: la velocità con cui lavora una redazione, spinta soprattutto dalla ricerca di viralità e dal posizionamento delle pagine. Non è strano quindi che oggigiorno i giornalisti debbano attenersi ad un minimo di articoli quotidiani. Se giornalisti e media sono i primi responsabili dell’informazione che viene pubblicata, anche gli inserzionisti e il pubblico sono responsabili di ciò che viene pubblicato.

Gli inserzionisti perchè prendono i parametri per decidere il loro sostegno alle iniziative in base a quanti clic, quanti follower, visualizzazioni di pagina, ecc. E’ un circolo vizioso in cui circola di più ciò che è più emotivo. E il più emotivo tende ad essere il meno sostanziale e ciò significa che il giornalismo che, tra virgolette, si vende di più, si consuma di più, è il giornalismo che non è proprio il giornalismo con il maggior rigore. E chi lo fa? Il pubblico. E il fatto che i giornalisti rispondano a ciò che il pubblico si aspetta e cerca con il monitoraggio costante delle tendenze sui social network per vedere cosa si “muove”.

Fake news: oltre il giornalismo

Ma la riflessione sulle fake news e la disinformazione va anche oltre il giornalismo. Parliamo anche di di algoritmi: a cosa rispondono gli algoritmi per posizionare o meno determinati contenuti? A chi rispondono i “fact-checker” che dovrebbero verificare le bufale? O di intelligenza artificiale.

E qui cito le parole di padre Paolo Benanti, nuovo presidente della Commissione governativa sull’Ai per l’informazione, teologo del Terzo ordine di San Francesco, professore alla Pontificia Università Gregoriana, consigliere di papa Francesco sui temi dell’intelligenza artificiale e membro del Comitato sull’Ai dell’Onu, in una intervista al Corriere della Sera.

«È vero che il legame tra Ai e informazione è cruciale. Ci sono tre temi su cui stiamo lavorando: il primo è soprattutto la valorizzazione della professione dei giornalisti che sono figure di garanzia nel processo democratico.

Mi è sempre piaciuto il motto del Washington Post: “La democrazia muore nelle tenebre”.

Nel giornalismo c’è una forte missione sociale che l’automazione dell’informazione porterebbe all’estinzione. Il secondo tema è la sostenibilità della professione: chiaramente l’automazione ha un impatto sull’industria dell’editoria minandola dal punto di vista economico. Ecco un altro effetto che può rendere problematico il prosieguo di questo importante ruolo del giornalismo.

Il terzo tema è la  comparsa dei nuovi grandi player che in alcuni casi sono di fatto editori ma che in questo  momento non ne hanno la responsabilità. Ne aggiungerei un quarto: la facilità con cui oggi  chiunque può produrre con queste tecnologie disinformazione o notizie false in momenti in cui già viviamo una forte polarizzazione». 

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