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Dietro il boom delle sneakers Lidl ci sono solo i bot

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Cosa c’è dietro il boom delle sneakers della Lidl, la popolare catena tedesca di supermercati?

Le scarpe unisex a 12,99 euro, con i colori del marchio (giallo, rosso e blu) a edizione limitata, hanno spopolato in pieno lockdown e sono andate letteralmente a ruba, terminate quasi ovunque in poche ore. La cosa incredibile è stata che sono poi state rivendute online a prezzi che superano i 200 euro. Sui social network in molti si lamentavano di non essere riusciti a comprare niente o offrivano di rivendere quello che erano riusciti ad accaparrarsi, anche a prezzi 10 volte superiori (si trova su eBay).

Dopo il successo delle borse di plastica dell’Esselunga indossate dagli hipster a New York, della maglietta con il logo DHL del marchio francese Vetements e della collezione disegnata da Virgil Abloh per IKEA (tra cui un tappeto a forma di scontrino dell’azienda), ora anche le scarpe multicolore della Lidl.

Cosa c’è dietro questo fenomeno?

“Niente improvvisazione. I bot utilizzati dagli scalpers sono tra i più complessi che abbiamo mai incontrato” – rivelano a Wired Benjamin Barrier e Benjamin Fabre di Datadome, azienda francese specializzata nella lotta contro questo tipo di minacce – Del resto, in questo tipo di attività girano molti soldi”. Per entrare nel business, oltre a una certa disponibilità economica, servono soprattutto conoscenze tecniche e fiuto. I ferri del mestiere? “Nessun problema. È possibile affittarli, a costi contenuti” replicano gli imprenditori. Lo scalper sonda la rete alla ricerca di informazioni su modelli a edizione limitata e prepara un calendario degli attacchi.

Tra i bersagli preferiti dai bot, i siti creati su Shopify, piattaforma canadese che consente la creazione di e-commerce senza la necessità di saper programmare.

“Il danno per i rivenditori? Enorme. Innanzitutto, viene penalizzata la user experience. I clienti abituali rinunciano a fare acquisti, perché tutta la merce migliore è già stata rastrellata dai bot pochi istanti dopo l’uscita. Ci sono molte testimonianze su Twitter di utenti esasperati che dicono che non torneranno più su certi siti. A questo punto, ne risente la reputazione”, dicono Barrier e Fabre: “A volte i bot ingolfano completamente uno store buttandolo giù. E sappiamo che dalla velocità dipende il tasso di conversione, cioè l’essenza di un negozio web”.

Se qualcuno ha pensato di usare la scarsità come strategia di marketing per creare passaparola, sbaglia. “Poteva funzionare forse fino a un paio di anni fa, forse – avvertono Barrier e Fabre -. Ma oggi il consumatore è informato, e i danni per la reputazione superano di gran lunga i benefici”.

“Il fenomeno, in sé, non è illegale” spiega Alessandro Sessa, direttore dell’associazione dei consumatori Altroconsumo: “Se qualcosa è stato fatto per limitare il secondary ticketing dei biglietti dei concerti, sullo scalping il legislatore non si è mosso”.

In assenza di regole certe tutto ricade sempre sotto il cappello dell’etica.

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