Cognac a colazione
La neve cade fitta ed io non ho gli pneumatici adatti, è il prezzo della pigrizia.
Mi fermo a fare colazione.
Ci sono i soliti nel bar, tre uomini più il barista che già prepara il mio cappuccino perché mi ha vista arrivare.
Parlano di soldi, di 500 euro per la precisione, perché uno, dopo mesi di attesa, è stato finalmente pagato.
Mostra la banconota agli altri dicendo che prima “quella” erano un milione di lire ed avevano un valore, ora la moglie le spenderà con una visita al supermercato perché è da molto che non fanno una spesa coi fiocchi e giù a ridere perché i fiocchi fuori fioccano.
Addento il mio cornetto con la marmellata di ciliegie ed ascolto.
Il più giovane si avvicina alla piccola stufa ed infila un altro pezzo di legna criticando il proprietario per la sua pidocchieria indifferente al freddo.
Il più anziano scruta il cielo e dice che ormai continuerà a nevicare per tutta la settimana.
L’altro seduto guarda pensieroso il biglietto da 500 euro.
Io medito sui miei quattro cocomeri (le ruote).
Il salariato si alza e si avvicina al bancone, guarda lo scaffale dei liquori ed ordina un bicchiere di cognac.
Lo guardo stupita “cognac a quest’ora?” lui sorride e mi risponde che lo fa per cambiare la 500 euro perché, così, gli si riempie il portafoglio e la moglie sarà più contenta.
Lo beve con un sorso ne chiede un altro, tracanna pure quello.
Poi paga, mi offre anche la colazione e quasi mi dispiace di intaccare il suo capitale, ma lo vedo inebriato, accetto e ringrazio.
Lui saluta ed esce.
Mentre finisco il mio cappuccino mi chiedo se c’è un orario giusto per ubriacarsi; poi rifletto che si beve per darsi forza, per non vedere, per dimenticare. Per trovare il coraggio di andare fino in fondo, a testa bassa, per non sentire la neve sulla faccia.
Per guardare, senza piangere, gli occhi delusi di una moglie a cui si vorrebbe comprare il mondo.
Guardo fuori, per fortuna la nevicata sta cessando, oggi dovrò assolutamente far montare le gomme termiche.
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