Democrazia contesa: l'ascesa della censura di destra
La censura di destra si manifesta attraverso una serie di misure che mettono a repentaglio la diversità di opinioni e il dibattito pubblico.
Nel contesto attuale, la libertà d'espressione si configura come il termometro della salute delle democrazie, un indicatore che riflette sia la vitalità che gli stati febbrili di una società. In Italia, come in molte altre parti del mondo, ci troviamo di fronte a una crescente febbre che minaccia la salute stessa della democrazia.
Reporters sans frontières rileva un peggioramento della libertà di stampa in 31 Paesi nel 2023, mentre Amnesty International denuncia la crisi della libertà d'espressione in relazione alla pandemia da Covid-19. Anche la Francia, patria di Voltaire, non è immune, adottando misure repressive che limitano il diritto di manifestare e mettendo i giornalisti di fronte a minacce e intimidazioni.
Mentre le democrazie vacillano sotto il peso di cambiamenti sottili, anche in Italia emerge una censura che agisce silenziosamente, senza clamore né dichiarazioni di restrizioni. Dall'introduzione del decreto sui rave party all'avvio della legislatura, siamo stati testimoni di un'inquietante serie di sviluppi, un susseguirsi di norme e leggi che minano la libertà d'informazione e di espressione.
I segni evidenti della censura: dal decreto Balboni alle ordinanze cautelari
I primi segnali tangibili della censura emergono con il decreto Balboni, che propone ammende smisurate per la diffamazione, minacciando la libertà di espressione dei giornalisti. Successivamente, la stretta di Nordio sulle intercettazioni e il divieto di pubblicare ordinanze cautelari gettano ombre sempre più vaste sulla libertà d'informazione.
La censura si materializza nell'ombra, ma il suo impatto è tangibile nella limitazione della voce critica e nel rischio di sanzioni per chi osa sfidarla.
La politica del divieto - Da Report all'interrogazione di FdI
La politica del divieto si fa strada attraverso le azioni del governo, come evidenziato dalla diffida inviata dal ministro Sangiuliano a "Un giorno da pecora" e la successiva interrogazione di Fratelli d'Italia presso la commissione di vigilanza Rai contro "Report" in merito alle inchieste sui padri, rispettivamente, di Giorgia Meloni e Ignazio La Russa. La censura si estende anche alla Camera che approva la legge contro gli “imbrattatori”, fino a 60 mila euro di sanzione. Questi divieti, mascherati da leggi di ordine pubblico, minano ulteriormente la libertà di espressione e di protesta.
Deprimente, in questo scenario, la totale mancanza di una reazione popolare che non garantisce più il diritto alla voce discordante, essenza della democrazia.
Che fare per proteggere ciò che rimane della voce del popolo?
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