Bepicolombo

Bepicolombo, la sonda europeo-giapponese in viaggio per Mercurio

Scienza e ambiente

Bepicolombo è una missione congiunta che vede a fianco dell’Agenzia spaziale europea (Esa) l’omologa giapponese Jaxa. Per entrambe le organizzazioni si tratta della prima visita al pianeta più interno del nostro Sistema solare, un obiettivo esplorato fino ad oggi solamente da due sonde della Nasa: la Mariner 10, che ha raggiunto Mercurio nel 1973, e la Messenger, che ha effettuato il suo primo flyby il 14 gennaio del 2008.

Per fare di più, e meglio, dei suoi predecessori, la missione Bepicolombo è composta da due orbiter: il Mercury Planetary Orbiter, fornito dall’Esa, e il Mercury Magnetospheric Orbiter della Jaxa, che attualmente sono collegati tra loro a formare un unico veicolo spaziale, assieme al Mercury Transfer Module dell’Esa, che provvederà alla propulsione fino all’ingresso nell’orbita di Mercurio, quando le due sonde si staccheranno e inizieranno a raccogliere preziosi dati sul pianeta, la sua (quasi) atmosfera, e il suo nucleo.

Avvio rilevazioni nel 2025

Se tutto andrà come sperato, il 5 dicembre 2025 Bepicolombo inizierà quindi le sue rilevazioni, grazie agli 11 strumenti scientifici montati sull’orbiter dell’Esa (di cui quattro a guida italiana), riservati alla mappatura del pianeta, e ai cinque gruppi di strumenti della sonda giapponese, che investigheranno la magnetosfera di Mercurio.

Lo scopo è quello di studiare più a fondo le caratteristiche dei pianeti che orbitano a distanza molto ravvicinata dalla propria stella, una classe di cui Mercurio rappresenta l’unico esempio all’interno del Sistema solare.

Bepicolombo cercherà quindi di caratterizzare la forma e la struttura interna del pianeta, la sua composizione e la sua geologia; fornirà un modello 3D della superficie; esaminerà la sua atmosfera (o meglio esosfera, visto che è composta di gas estremamente rarefatti, come quelli si trovano nell’atmosfera terrestre a quota superiore ai 500 chilometri dalla superficie); studierà la magnetosfera, l’origine del campo magnetico del pianeta, e la composizione e l’origine dei suoi depositi polari.

Fonte: Wired
Immagine: ESA/ATG medialab – NASA/Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory/Carnegie Institution of Washington

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