sorriso mascherina

Le mascherine ci rendono più severi? Sorridete con gli occhi e la voce

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Le persone che indossano la mascherina talvolta ci sembrano più serie e severe di prima. E c’è un perché. Dopo anni di selfie a raffica, ci ritroviamo privati della nostra naturale espressione di gioia e di saluto. Diversi studi psicologici hanno catalogato nel corso dei decenni vari tipi di sorrisi: non mi interessa qui ragionare sul loro significato (tema molto controverso), ma su quelli che non prevedono un coinvolgimento diretto degli occhi.

Secondo lo psicologo esperto nelle espressioni facciali Paul Ekman esistono principalmente 18 tipi di sorriso (descritti nel suo libro, “Telling Lies”), tra questi:

SORRISO FALSO: detto anche “sorriso Pan Am” è il tipico sorriso forzato, di cortesia, meccanico, come quello delle assistenti di volo. Questo tipo di sorriso coinvolge solo i muscoli delle labbra, che vengono ben tirate mostrando i denti, mentre non coinvolge quelli orbicolari. I finti sorrisi possono essere eseguiti volontariamente, perché i segnali cerebrali che li creano provengono dalla parte cosciente del cervello e spingono i muscoli zigomatici maggiori delle guance a contrarsi. Questi sono i muscoli che tirano gli angoli della bocca verso l’esterno. I sorrisi genuini invece, sono generati dal cervello inconscio e dunque sono automatici.

SORRISO COMPIACIUTO: di solito è un sorriso con le labbra chiuse o solo leggermente aperte e più tirato da una parte, rendendo il viso non completamente asimmetrico, usato per esprimere soddisfazione verso se stessi. Significa che la persone non prova un vero piacere, quando invece le persone provano piacere, i segnali passano anche attraverso la parte del cervello che elabora le emozioni. Così, come i muscoli della bocca si muovono, i muscoli che sollevano le guance (il oculi orbicularis e il pars orbitalis) si contraggono anch’essi, creando pieghe accanto agli occhi e facendo abbassare leggermente le sopracciglia.

SORRISO DI ASCOLTO O DI INCORAGGIAMENTO: di solito è appena accennato, a bocca chiusa, e si usa per comunicare al proprio interlocutore che si sta ascoltando e seguendo il discorso e per incoraggiarlo ad andare avanti.

SORRISO A BOCCA CHIUSA: è il più usato quando si incontrano delle persone nuove. Può mascherare timidezza, riservatezza, ma anche paura e rabbia.

SORRISO DI COORDINAZIONE: sorriso lieve, solitamente asimmetrico, che non coinvolge i muscoli orbicolari degli occhi

SORRISO DI RISPOSTA DELL’ASCOLTATORE: si tratta di un particolare sorriso di coordinazione, che ci fa capire che l’altro ha capito quello che gli stiamo dicendo.

Questi sorrisi hanno una funzione sociale importante, poiché ci possono aiutare a cogliere l’intenzione cooperativa dell’altro nei nostri confronti. Quando guardiamo qualcuno che indossa la mascherina, non riusciamo a decifrare queste diverse modalità di sorriderci, poiché non coinvolgono a sufficienza i muscoli orbicolari degli occhi.

È importante quindi uno sforzo di consapevolezza per capire che non è per forza l’altra persona a essere seria o severa nei nostri confronti, ma siamo noi che non riusciamo a decodificare il tipo di messaggio che ci sta mandando.

Semplicemente perché ha la bocca e il naso coperti.

Quindi, oltre ad appannare la visuale di chi porta gli occhiali, la mascherina nasconde (in parte) le nostre emozioni. Secondo Jeanne Tsai, professoressa di psicologia all’università di Stanford, non vedere il sorriso dell’interlocutore è un problema più grande in alcune culture rispetto ad altre. «I nordamericani tendono a concentrarsi di più sulla bocca delle persone rispetto agli asiatici orientali, che si focalizzano invece sugli occhi», spiega Tsai in un’intervista pubblicata su Stanford News. Secondo l’esperta, i nordamericani ritengono più amichevoli e affidabili le persone che sfoggiano ampi sorrisi: questo fa sì che ora, con la mascherina, sia per loro più difficile relazionarsi con gli sconosciuti. «Il sorriso influenza il giudizio di un nordamericano più di quanto lo faccia la fisionomia associata a una razza o al sesso», spiega Tsai.

Come comportarsi, dunque, ora che il nostro sorriso è nascosto dalle mascherine?

«Imparate a sorridere con gli occhi e la voce, e a leggere gli occhi e la voce di chi vi sta davanti», è il consiglio della psicologa.

Consiglio di lettura: Sorridere. La fotografia comica e ridicola del giornalista Michele Smargiassi (con prefazione di Stefano Bartezzaghi, pagine 112, euro 22,90). Un excursus sulla fotografia del “sorriso”, da quando era “bandito” – ma per altre ragioni – nei primi ritratti ottocenteschi degli albori della fotografia al “ say cheese” che per decenni ha “obbligato” al sorriso per mostrarsi felici nelle foto ricordo dove al contrario era bandita la serietà, per passare dai sorrisi stereotipati dei selfie di ultima generazione fino alle più ironiche pose di grandi fotografi come Elliott Erwitt o Martin Parr che il sorriso invece lo generano. Una carrellata interessante e divertente che sembra un “divertissement” in questo tempo emergenziale in cui è difficile ridere e anche un semplice sorriso scompare dietro la mascherina.

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