Prima menzione dell'America, scoperta a Milano in un testo del 1340
«I marinai che percorrono i mari della Danimarca e della Norvegia dicono che oltre la Norvegia, verso settentrione, si trova l’Islanda. Più oltre c’è un’isola detta Grolandia. E ancora oltre, verso occidente, c’è una terra chiamata Marckalada. Gli abitanti del posto sono dei giganti: lì si trovano edifici di pietre così grosse che nessun uomo sarebbe in grado di metterle in posa, se non grandissimi giganti. Lì crescono alberi verdi e vivono moltissimi animali e uccelli. Però non c’è mai stato nessun marinaio che sia riuscito a sapere con certezza notizie su questa terra e sulle sue caratteristiche».
È un brano scritto dal domenicano Galvano Fiamma nel 1340, a Milano ed è contenuto nella sua "Cronica universalis". Dalla descrizione sembra di poter dedurre che il misterioso Paese di cui parla, Marckalada, è l’America. La scoperta è nata all'interno di un progetto didattico dell'Università Statale di Milano, cui hanno collaborato numerosi studenti di Lettere, ed è stata pubblicata sulla rivista statunitense "Terrae Incognitae" dedicata alla storia delle esplorazioni.
La data ufficiale della scoperta del continente americano, come è noto, è il 12 ottobre 1492 a opera di Cristoforo Colombo, 150 anni dopo della nota di Galvano Fiamma. In realtà esplorazioni sulle coste settentrionali dell'Atlantico erano già state compiute nei secoli precedenti da navigatori vichinghi, e hanno lasciato sporadiche tracce nei racconti semileggendari (così come leggendaria è la descrizione offerta dal domenicano) di alcune saghe norrene. La notizia dell'esistenza di terre al di là dell'Atlantico non era però mai stata documentata fino a questo momento fuori dalla Scandinavia, dove questa terra lontana era chiamata "Markland": la Marckalada di Fiamma.
È probabile che la notizia giunga a Galvano da Genova, città con cui lo scrittore aveva contatti, e che i marinai di cui si parla siano navigatori genovesi che commerciavano con le regioni del nord. L'interesse della scoperta sta nel fatto che riapre una questione lungamente dibattuta, ma sulla quale non vi era nessuna documentazione: se a Genova, prima di Colombo, circolassero informazioni sull'esistenza di terre oltreatlantiche, e se una eventuale notizia, anche vaga, della loro esistenza avesse reso più accettabile il rischio della spedizione del 1492.
Fonte: Avvenire
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