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La nuova arma segreta di Pechino? I dissidenti infiltrati

Dalle manifestazioni per la democrazia alle reti di spionaggio: come la Cina infiltra i movimenti di opposizione all’estero

🔹 La strategia di Pechino per silenziare il dissenso: dissidenti trasformati in spie

Non servono più solo agenti segreti in trench e valigetta. Oggi, la Cina colpisce in modo molto più subdolo: trasformando i suoi stessi dissidenti in spie. Una strategia silenziosa ma devastante, rivelata in dettaglio dall’inchiesta “China Targets” condotta dall’International Consortium of Investigative Journalists (ICIJ).

Dietro sorrisi amichevoli, foulard bianchi e abbracci con il Dalai Lama, si celano talvolta informatori al servizio del Partito Comunista Cinese. Obiettivo: infiltrare le comunità dissidenti all’estero, raccogliere informazioni, neutralizzare ogni forma di resistenza. Tutto questo mentre le autorità europee, canadesi e statunitensi faticano a capire la portata del fenomeno.

La storia di Guo Jian sembra uscita da un romanzo di spionaggio. Nel 2017, questo attivista tedesco di origine cinese partecipava a una delegazione di sostenitori della democrazia in India, incontrando il Dalai Lama e altri leader spirituali tibetani. Prendeva appunti, scattava foto e si mostrava particolarmente interessato ai dettagli dei viaggi del leader spirituale in Europa. Quello che i suoi compagni non sapevano era che Guo stava raccogliendo informazioni per i servizi segreti cinesi, come rivelato dal suo arresto nel 2024.

Questo caso, documentato nell’inchiesta “China Targets” del Consorzio Internazionale di Giornalisti Investigativi (ICIJ), rappresenta solo la punta dell’iceberg di una strategia globale che il governo cinese ha messo in atto per controllare e reprimere il dissenso oltre i propri confini.

L’indagine dell’ICIJ, condotta in collaborazione con 42 partner mediatici internazionali, ha documentato le tattiche utilizzate dalle autoritĂ  cinesi per monitorare, intimidire e minacciare gli oppositori politici in tutto il mondo. La strategia non si limita all’uso di spie professionali, ma coinvolge una rete complessa che include:

  • Dissidenti trasformati in informatori: Attivisti costretti a collaborare sotto minaccia
  • Gruppi di social media di estrema destra in paesi stranieri
  • Hacker professionisti per operazioni informatiche
  • Personale di ONG cinesi con accesso ai procedimenti delle Nazioni Unite
  • Membri della diaspora cinese collegati al Dipartimento del Fronte Unito del Partito Comunista

Il ricatto emotivo come arma

Uno degli aspetti piĂą inquietanti emersi dall’inchiesta è l’uso sistematico del ricatto emotivo. Il caso di Shadeke Maimaitiazezi, commerciante tessile uiguro di 60 anni, è emblematico. Trasferitosi in Turchia nel 2017, è stato contattato da agenti cinesi che lo hanno minacciato: “Hai parenti e persone care qui. Pensa al loro destino.”

Durante un incontro a Hong Kong nel 2023, gli agenti gli hanno dato un ultimatum: “La Cina è un Paese molto grande, e se lavori per noi sarai salvato. Altrimenti distruggeremo te e tutti coloro che ami.” Maimaitiazezi, ora condannato a 12 anni e sei mesi di carcere da un tribunale turco, rappresenta il doppio dramma di vittime trasformate in carnefici.

Particolarmente rivelatore è il caso di “Eric”, ex attivista cinese che ha collaborato con la polizia cinese dal 2008 al 2023, quando ha disertato in Australia. La sua storia illustra perfettamente il modus operandi delle autoritĂ  cinesi: arrestare giovani attivisti e offrire loro una scelta tra la prigione e la collaborazione.

“Mi dissero che o lavoravo per loro, o la situazione si sarebbe fatta molto seria,” ha raccontato Eric all’ICIJ. “Ero molto titubante, ma ho accettato. Oltre a non voler andare in prigione, perchĂ© non avevo nulla da tradire.”

Eric ha rivelato che dopo l’ascesa al potere di Xi Jinping nel 2013, le risorse per le operazioni di intelligence all’estero sono aumentate significativamente. Ha descritto come sia riuscito a infiltrarsi in eventi con il Dalai Lama e altri attivisti politici, utilizzando quattro diverse app di comunicazione per coordinarsi con i suoi supervisori in Cina.

Una sfida per le democrazie occidentali

L’inchiesta ha intervistato 105 persone in 23 paesi che sono state prese di mira dalle autoritĂ  cinesi per aver criticato le politiche del governo. Di questi, 48 credono di essere stati spiati o conoscono persone a cui è stato chiesto di diventare informatori.

La settimana scorsa, i leader del G7 riuniti in Canada hanno rilasciato una dichiarazione congiunta condannando la repressione transnazionale come “importante vettore di interferenza straniera.” Tuttavia, la risposta delle istituzioni democratiche rimane inadeguata.

Hannah Neumann, parlamentare europea del Partito Verde, ha sottolineato che l’Unione Europea “manca ancora degli strumenti per affrontare l’interferenza di attori proxy che operano sotto copertura civile.” Ha aggiunto che “le risposte delle forze dell’ordine tra gli Stati membri sono incoerenti e il supporto specializzato alle vittime è largamente assente.”

L’impatto sulla diaspora cinese

Nicholas Eftimiades, ex ufficiale dei servizi segreti statunitensi e autore del libro “Chinese Espionage Operations and Tactics”, ha spiegato che la strategia cinese mira a “distruggere l’opposizione in ogni modo possibile e immaginabile a livello globale.”

Questo approccio ha conseguenze devastanti sulle comunitĂ  di dissidenti: “La Cina è efficace nel distruggere l’opposizione, semplicemente perchĂ© ispira quel tipo di paura e sfiducia in quelle comunitĂ ,” ha osservato Eftimiades.

Secondo studi del Center for Strategic International Studies, i casi riportati di spionaggio cinese sono in aumento, ma l’educazione delle forze dell’ordine sulle tattiche repressive cinesi non cresce allo stesso ritmo. Diversi governi, tra cui Stati Uniti, Nuova Zelanda, Svezia, Turchia e Australia, hanno indagato su decine di sospetti presumibilmente coinvolti in operazioni segrete cinesi contro i dissidenti.

In alcuni casi, le autoritĂ  hanno scoperto che gli obiettivi dello spionaggio sono poi finiti in prigione o hanno subito minacce ai loro familiari, dimostrando l’efficacia letale di questa strategia repressiva.

La necessitĂ  di una risposta coordinata

L’inchiesta “China Targets” rivela una realtĂ  preoccupante: mentre la Cina perfeziona e espande le sue operazioni di repressione transnazionale, le democrazie occidentali faticano a sviluppare strumenti adeguati per proteggere i dissidenti e le loro comunitĂ .

Come ha osservato Eftimiades: “Se qualcuno viene e dice: ‘Ehi, mi stanno minacciando’ o ‘tizio sta lavorando per lo Stato cinese’, non c’è garanzia che il governo farĂ  qualcosa. E questo lascia quella persona in una posizione molto vulnerabile.”

La sfida per le democrazie non è solo tecnologica o investigativa, ma anche culturale: comprendere la portata e la sofisticazione di una strategia che trasforma vittime in carnefici e utilizza i legami familiari come armi di ricatto.

Immagine: Un ex spia cinese che si fa chiamare Eric – ph.Australian Broadcasting Corporation