Lupi e Agnelli, l'eredità
Con il danaro si fa tutto, tranne gli uomini. Quando va bene, si diventa Gianni Agnelli. Troppo ricco. Troppo bello. Troppo sesso. Troppo popolare. Troppo padrone. Troppo annoiato. Troppo stroppia. Adulato come Apollo Etrusco, Principe del Rinascimento, Gianni il Magnifico, Aristocratico della Sacra Ruota, è l’incarnazione stessa del capitalismo italiano del Novecento.
Un mesto francobollo celebrerà il prossimo 12 marzo il centenario di un blasé senza blasone, di un Savoia immaginario, di un vampiro assetato di sangue blu che impalma solo quarti di Caracciolo (Marella). Se per gli italiani Gianni Agnelli è un monumento, per Gianni Agnelli ogni italiano è un numero di targa. Il suo Fiat-appeal rimbalza fra i salotti come un dildo caricato a molla. Le donne: Monica Guerritore e Jackie Kennedy, Anita Ekberg e Sonia Braga, Lory Del Santo e Dalila Di Lazzaro che di lui disse: «Era un uomo affascinante, ma sul piano umano non mi ha mai entusiasmato. Nelle grandi famiglie spesso è così, i sentimenti vengono te- nuti a freno, non c’è tempo per gli altri, nemmeno per i figli, uno pensa a godersi la sua vita e del resto se ne fotte».
L’Avvocato libertino se la cavava così: «Ho conosciuto mariti fedeli che erano pessimi mariti. E ho conosciuti mariti infedeli che erano ottimi mariti. Le due cose non vanno necessariamente insieme». Aggiungeva: «Si può far tutto, ma la famiglia non si può lasciare».
Incensato dai giornali, invidiato dai lettori, leccato da tutti gli altri, l’Avvocato ha sofferto un solo vero problema esistenziale: la noia. E usa una frase geniale per togliersi di torno chi lo ha stufato: «Caro, non voglio approfittare ulteriormente del suo tempo».
Il suo Agnellismo è nutrito di cinismo snob: «Chi si lamenta è un provinciale». Garbo fottente: «Giovanna Melandri? Mi sembra una segretaria. Ma non la mia, quella di un altro». Culto del gesto elegante: «Ci sono due tipi di uomini: gli uomini che parlano di donne, e gli uomini che parlano con le donne; io di donne preferisco non parlare». In lui c’è il padrone delle ferriere con uso di mass-media («Se va bene alla Fiat, va bene all’Italia»); c’è il decadente scostumato (quando si tuffa dallo yacht col pisello all’aria); c’è il politico che arrota la soave erre moscia in salata arringa («L’Italia deve scalare le Alpi, mentre invece una specie di forza di gravità ci trascina verso il Mediterraneo»); c’è l’uomo che subisce il più grande dolore: sopravvivere al figlio. Marina Cicogna, che lo conosceva bene, disse: «Gianni ha cominciato a morire dopo il suicidio del figlio Edoardo».
L'aneddoto di Roberto D'Agostino è rimasto famoso: «Mentre era in corso l’America’s Cup, a Auckland, mi raccontarono un aneddoto gustoso: Agnelli era voluto salire sopra Luna Rossa e dopo quella visita… all’imbarcazione ne erano successe di tutti i colori. Patrizio Bertelli, il proprietario, aveva esclamato: “Agnelli porta sfiga”. Riportai tutto». «Nel giro di qualche giorno la mia rubrica passò da cinque pagine a una. Me ne andai».
Gianni Agnelli, vita straordinaria del Fondatore Fiat
Nato nel 1921, Gianni Agnelli ha incarnato una generazione di industriali italiani che hanno contribuito a cambiare il volto dell'Italia nel corso del ventesimo secolo. Nipote del fondatore Fiat, Giovanni Agnelli, Gianni ha preso il timone dell'azienda nel 1966, in un momento in cui l'Italia era scossa da tensioni politiche e sociali.
Con una personalità carismatica e uno spirito intraprendente, Agnelli ha saputo affrontare sfide difficili, come i conflitti sindacali, guidando Fiat attraverso periodi di crisi e successo. La sua gestione era caratterizzata dallo slancio innovativo, dall'attenzione alla qualità del prodotto e dal rispetto per i lavoratori.
Nonostante le lotte industriali, Agnelli avrebbe detto che l'automobile è "la cosa più importante dopo l'amore". La sua passione per le auto era evidente non solo nella sua gestione di Fiat, ma anche nel suo stile di vita privato. Era noto per la sua collezione di auto rare e per la sua abilità nel guidare ad alta velocità.
Ma la vita di Agnelli non era solo lavoro e auto. Era un amante dell'arte e della cultura, che ha trasmesso anche nel modello manageriale aziendale. Era un noto frequentatore dei salotti di cultura dell'epoca, nutrendo amicizie con famosi artisti e intellettuali.
Oltre all'industria automobilistica, Agnelli ha lasciato un segno indelebile nel mondo dello sport. Era un appassionato calciatore e tifoso della Juventus, squadra di cui la Fiat è stata per anni proprietaria.
Ha vissuto numerosi momenti di gloria e prosperità, ma anche tragedie che hanno lasciato un segno indelebile nella storia della famiglia Agnelli. Tra questi eventi, la morte di Edoardo Agnelli, figlio di Gianni, rappresenta uno dei capitoli più dolorosi e complessi. Il 15 novembre 2000, Edoardo Agnelli fu trovato morto sotto un viadotto autostradale vicino a Fossano, in provincia di Cuneo. Le circostanze della sua morte sollevarono molte domande e suscitarono un profondo dolore in tutta la famiglia e nel pubblico. Le autorità conclusero che si trattò di un suicidio, una decisione che fu accolta con sgomento e incredulità da molti.
Da Playboy a icona imprenditoriale all'ombra dell'eredità Agnelli
Agnelli era conosciuto non solo come un imprenditore di successo ma anche come un playboy di jet-set internazionali, spesso avvistato in compagnia di bellissime donne sul suo yacht nel Mediterraneo o alle feste più esclusive d'Europa. Tra i suoi amici più stretti si contano importanti personalità del panorama politico, della musica e dello spettacolo, come Jackie Kennedy, Henry Kissinger, Mick Jagger e Andy Warhol.
Tuttavia, sotto questa immagine di uomo d'acciaio e playboy si celava una personalità complessa e spesso travagliata. Agnelli era nota per la sua severità e il suo controllo totale, sia nell'ambito lavorativo che personale.
Gianni Agnelli portò la Fiat al successo globale, ma la sua gestione non fu scevra da critiche. Il suo stile di governo industriale, basato su una visione patriarcale dell'impresa, se da un lato ha portato l'azienda a essere un baluardo dell'industria italiana, dall'altro lato è stato la fonte di numerosi contrasti.
L'indimenticabile eredità di Gianni Agnelli
I suoi discendenti, come John Elkann, attuale presidente di Exor e Fiat Chrysler Automobiles, hanno mantenuto viva la visione innovativa di Agnelli, guidando l'azienda verso nuove sfide nel contesto globale. La sua morte ha lasciato un vuoto enorme sia nel settore industriale sia nel panorama culturale italiano. Nonostante le polemiche e le controversie, la figura di Agnelli rimane un simbolo del successo imprenditoriale italiano e di uno stile di vita unico e inimitabile.
AGGIORNAMENTO - Scontro tra Margherita Agnelli e i figli Elkann, in testa John Elkann, sull’eredità di Gianni Agnelli e Marella Caracciolo.
Da un lato dunque Margherita che ritiene di essere stata privata di parte dell’eredità, che vuole cedere anche i figli del secondo matrimonio con Serge de Pahlen, e dall’altra i suoi tre figli avuti dal primo matrimonio, gli Elkann. La vicenda della lotta per l'eredità va avanti da tempo ma l'ultimo capitolo nasce da un esposto in Procura a Torino da parte di Margherita Agnelli, figlia di Gianni e Marella Caracciolo, su presunte irregolarità nei documenti testamentari della madre. Da un lato dunque Margherita che ritiene di essere stata privata di parte dell'eredità e dall'altra i suoi tre figli avuti dal primo matrimonio, gli Elkann. Margherita infatti aveva firmato un accordo in base al quale rinunciava a parte dell’eredità del padre e quella futura della madre dietro un sostanzioso corrispettivo. Attraverso i suoi legali, però, la donna ritiene che in realtà la madre avesse molte più proprietà di quelle dichiarate.
Tutto parte da un esposto che Margherita Agnelli, la figlia dell’avvocato Gianni Agnelli, ha presentato a Torino nel dicembre del 2022. Lo scorso febbraio la Procura aveva ordinato alla guardia di finanza un primo sequestro. Una mossa poi confermata nei giorni successivi dal tribunale del riesame che però aveva dichiarato la legittimità soltanto parziale del provvedimento. I pubblici ministeri però trattennero il materiale prelevato dalle fiamme gialle e ai primi di marzo disposero un secondo sequestro, che questa volta fu integralmente confermato dai giudici. Ora c’è anche il semaforo verde della Cassazione. La terza sezione penale della suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato dalla procura contro il primo provvedimento dei giudici e ha respinto quello contro il secondo provvedimento presentato stavolta dagli indagati John, Lapo e Ginevra Elkann, figli di Margherita Agnelli, e Gianluca Ferrero, commercialista della famiglia.
Quindi la Cassazione ha confermato la validità del sequestro eseguito dalla Procura di Torino nell’ambito dell’inchiesta che ruota intorno all’eredità di Gianni Agnelli.
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