Legge Fine vita, lettera morta

Legge fine vita

Legge Fine vita a un punto morto?

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La questione del fine vita è una delle più complesse e dibattute nel nostro ordinamento giuridico e nella società civile. Da tempo, la Corte Costituzionale ha sollecitato una regolamentazione chiara sul tema del suicidio assistito, ma, nonostante i richiami, l’Italia non ha ancora una legge organica che disciplini questo ambito. Ciò crea un vuoto normativo che lascia molti malati terminali in una situazione di incertezza e frustrazione. In questo contesto, il Numero Bianco dell'Associazione Luca Coscioni riceve ogni anno migliaia di richieste di informazioni, segno di un bisogno sociale diffuso che il legislatore fatica a colmare.

Le sentenze della Corte Costituzionale

La Corte Costituzionale, attraverso diverse sentenze, ha cercato di dare delle linee guida per la regolamentazione del suicidio assistito. Due pronunce in particolare, la sentenza 242 del 2012 e la sentenza 135 del 2024, hanno fissato i requisiti per poter richiedere il suicidio assistito, creando un quadro normativo di riferimento. Questi requisiti includono:

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  1. Irreversibilità della patologia: Il paziente deve essere affetto da una malattia che non ha possibilità di guarigione.
  2. Sofferenze fisiche o psicologiche intollerabili: Il malato deve considerare le sue sofferenze insostenibili.
  3. Dipendenza da trattamenti di sostegno vitale: La persona deve essere legata a trattamenti che mantengono in vita.
  4. Capacità di prendere decisioni consapevoli: Il paziente deve essere in grado di esprimere la sua volontà in modo libero e informato.
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Queste condizioni devono essere verificate dal Servizio Sanitario Nazionale e approvate dal comitato etico territoriale. Tuttavia, nonostante la chiarezza della giurisprudenza, la mancanza di una legge esplicita rende il percorso per il paziente e per i suoi familiari spesso tortuoso e incerto.

L'impasse legislativa

La sentenza della Corte Costituzionale non ha portato automaticamente alla creazione di una legge. In molti casi, le aziende sanitarie locali (ASL) non sanno come comportarsi, poiché non esiste un protocollo chiaro. Secondo Matteo Mainardi, rappresentante dell'Associazione Luca Coscioni, molte ASL preferiscono attendere l'intervento di un tribunale piuttosto che prendere decisioni autonomamente. Questo atteggiamento prudente, dettato dalla mancanza di una normativa chiara, rallenta il processo per chi cerca di esercitare il proprio diritto al fine vita.

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La proposta di legge del Partito Democratico che mira a disciplinare il suicidio assistito è ferma in Parlamento. In due anni, i progressi sono stati minimi. Le commissioni parlamentari competenti, Sanità e Giustizia, si sono riunite solo poche volte, dedicando poco tempo al tema. La lentezza dell’iter legislativo contrasta fortemente con l’urgenza vissuta dai malati terminali, che si trovano intrappolati in un limbo di sofferenza e incertezze.

Il ruolo della Chiesa e della società civile

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Un altro aspetto che complica il quadro è il ruolo delle associazioni conservatrici e cattoliche, che hanno un peso significativo nel dibattito pubblico e legislativo. La Pontificia Accademia per la Vita, pur aprendo qualche spiraglio di dialogo, mantiene una posizione critica verso il suicidio assistito, contribuendo a rallentare l'approvazione di una legge. Le audizioni richieste dalle associazioni di area cattolica hanno diluito ulteriormente i tempi di discussione parlamentare.

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Nel 2022, un milione e 200 mila cittadini avevano firmato per chiedere un referendum sull’eutanasia legale, ma la Corte Costituzionale aveva bloccato la proposta. Questo è un segnale di come le istituzioni, pur essendo chiamate a rispondere a una richiesta proveniente dalla società, non riescano a fornire risposte concrete. Migliaia di giovani si erano mobilitati per sostenere il referendum, ma la battuta d’arresto imposta dalla Corte ha dimostrato quanto sia difficile far avanzare una proposta legislativa su un tema così delicato.

La dignità come diritto

Al centro del dibattito sul fine vita c’è la questione della dignità umana. Molti malati terminali si rivolgono ai tribunali per far valere il proprio diritto a una morte dignitosa, sostenendo che una vita segnata da sofferenze continue e insopportabili può essere considerata sproporzionata. La dignità, in questo senso, non riguarda solo la qualità della vita, ma anche la qualità della morte.

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L’Associazione Luca Coscioni svolge un ruolo fondamentale nell’assistere chi desidera esercitare il proprio diritto al fine vita. Il Numero Bianco, attivo dal 2023, ha ricevuto circa 3.000 richieste di informazioni sulle procedure per accedere al suicidio medicalmente assistito. Tuttavia, come sottolinea Matteo Mainardi, non tutte le persone hanno le risorse fisiche e psicologiche per intraprendere un percorso legale così complesso, e molte non possono permettersi di viaggiare in Svizzera, dove il suicidio assistito è legale.

La mancanza di una legge chiara

L’assenza di una legge specifica sul fine vita rende il percorso per chi desidera accedere al suicidio assistito lungo e incerto. Molti pazienti si trovano a dover lottare non solo contro la malattia, ma anche contro un sistema burocratico che non fornisce loro risposte rapide e chiare. Questo vuoto normativo è percepito come una forma di ingiustizia, poiché impedisce a chi soffre di poter prendere decisioni consapevoli sul proprio destino.

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Anche se la Corte Costituzionale ha più volte ribadito la necessità di una legge, il Parlamento sembra non avere la stessa urgenza. Le discussioni si prolungano, le audizioni si moltiplicano, e i malati continuano ad attendere. In questo contesto, il diritto a una morte dignitosa rischia di diventare lettera morta, un principio affermato ma non applicato.

La necessità di un cambio di passo

È evidente che il Parlamento deve prendere in mano la situazione e approvare una legge chiara e completa sul fine vita. La società è pronta per questo passo, come dimostrano le numerose firme raccolte per il referendum sull’eutanasia legale e le migliaia di richieste di informazioni ricevute dall’Associazione Luca Coscioni. È tempo che le istituzioni ascoltino la voce dei cittadini e forniscano una risposta adeguata a una domanda di giustizia e dignità.

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Solo attraverso una legge chiara e condivisa sarà possibile garantire a tutti i malati terminali il diritto di scegliere come vivere e, soprattutto, come morire. La questione del fine vita non può più essere rimandata: è una battaglia di civiltà che riguarda il futuro di tutti noi.

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