L’infinito di Leopardi sullo schermo: una storia che vibra tra nostalgia e tormento

L’infinito di Leopardi sullo schermo
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L’infinito di Leopardi sullo schermo. C’è qualcosa di magnetico nel vedere il volto di Leonardo Maltese prendere forma sullo schermo, quasi fosse un ritratto dipinto con pennellate leggere e dolenti. I suoi occhi, cupi ma mai spenti, raccontano quel qualcosa che sfugge: il peso del genio, la malinconia dell’esclusione, l’amore per un mondo che sembra sempre voltargli le spalle. Giacomo Leopardi, con la sua fragilità e il suo acume, vive di nuovo, stavolta dentro una cornice luminosa ma spietata, quella della miniserie "Leopardi – Il poeta dell'infinito", firmata da Sergio Rubini. E subito ti chiedi: come si può raccontare un poeta senza intrappolarlo in schemi troppo rigidi, senza ridurlo a una sequenza di eventi che spiegano, ma non sentono?

La risposta arriva con delicatezza. Questa miniserie non cerca di spiegare Leopardi: lo evoca, lo invita a camminare accanto a chi guarda, mostrando l’uomo prima ancora del mito. È un racconto che non teme di essere imperfetto, come la stessa vita del poeta. Un’anima tormentata che si muove tra i vicoli di Napoli, le sale colme di libri di Recanati, le piazze rumorose di Firenze, cercando sempre qualcosa di più, qualcosa di eterno. Eppure, non è un viaggio sereno. Non lo è mai stato.

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Ma non pensate di trovarci un Leopardi già conosciuto, già letto, già recitato in mille versioni scolastiche. Questo Leopardi è più vivo che mai. È ironico, forse, ma serve un mezzo così distante dalla carta per far emergere l’essenza di chi ha vissuto interamente attraverso le parole. E la regia di Rubini non sbaglia: alterna pause lente, quasi contemplative, a momenti di impeto narrativo, come se lo spettatore fosse portato a respirare la stessa alternanza tra rassegnazione e furia che abitava l’animo del poeta.

E poi c’è lei: Fanny Targioni Tozzetti. Giusy Buscemi presta il volto a una musa sfuggente, uno spettro di amore che non si concretizza mai. Il loro rapporto è una danza senza ritmo, un rincorrersi e sfuggirsi che finisce per essere quasi più crudele della solitudine stessa. Non c’è un lieto fine, ma chi lo cerca in una storia di Leopardi? La bellezza di questa miniserie non sta nelle risposte, ma nelle domande che lascia sospese.

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Forse è questo che rende "Leopardi – Il poeta dell'infinito" così potente: non si tratta di un omaggio didascalico, ma di un’interpretazione intima, a volte volutamente ambigua. È come se Rubini ci dicesse: "Non cercate di capire Giacomo, limitatevi a sentirlo." Ed è questo che facciamo. Ci lasciamo trascinare, anche quando non comprendiamo del tutto. Perché la poesia, come la vita, non è fatta per essere capita: è fatta per essere vissuta. E questa miniserie, in fondo, è un invito gentile e struggente a farlo.

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La miniserie "Leopardi – Il poeta dell'infinito", diretta da Sergio Rubini, è stata trasmessa in prima serata su Rai 1 il 7 e l'8 gennaio 2025. Il progetto, presentato in anteprima mondiale al Festival di Venezia 2024, offre uno sguardo inedito sulla vita del celebre poeta Giacomo Leopardi, interpretato da Leonardo Maltese. La narrazione si concentra sul suo amore platonico per Fanny Targioni Tozzetti, interpretata da Giusy Buscemi, e sul suo impegno politico e letterario.

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La trama si sviluppa in due parti: nella prima, ambientata a Napoli nel 1837, l'amico fraterno di Leopardi, Antonio Ranieri, cerca di ottenere una degna sepoltura per il poeta, ripercorrendo la sua vita, dall'infanzia a Recanati fino agli anni trascorsi a Roma, Milano e Firenze. Nella seconda parte, si approfondisce il rapporto con Fanny e le sfide affrontate da Leopardi nel contesto politico e sociale dell'epoca.

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