Ciao, brutta: il prezzo della bellezza nella società dell’apparire
Il prezzo della bellezza. Esiste un momento, davanti allo specchio, in cui la domanda si fa pesante come il fondotinta steso male: "E se fossi più bella, cosa cambierebbe nella mia vita?". Forse tutto. Forse niente. Ma il pensiero resta, e cresce, alimentato da una cultura che ci ricorda costantemente quanto essere belli renda la vita più semplice. Un lavoro migliore, relazioni più appaganti, persino sorrisi più gentili dagli sconosciuti. E allora, come conciliare il desiderio di non voler diventare schiavi della bellezza con la consapevolezza che questa, innegabilmente, funziona?
Manutenzione o martirio
Essere belli non è un dono. È un lavoro. Richiede tempo, denaro e una dedizione che rasenta il fanatismo. Rimuovere i peli dal corpo, lisciare i capelli, curare le sopracciglia, nascondere imperfezioni con strati di trucco e sfoggiare un sorriso perfetto grazie a dentifrici sbiancanti o trattamenti dal dentista. Queste non sono scelte, ma necessità. La scrittrice Nora Ephron lo chiamava “manutenzione”, e ammetteva che le otto ore settimanali dedicate a questa pratica servivano solo a non sembrare “una senzatetto”.
Ma c’è di più. Non basta essere presentabili. Oggi bisogna brillare. E così, tra video di routine su TikTok e tutorial, ci ritroviamo a spendere in sieri miracolosi, trattamenti per il viso, Botox, filler e ritocchi chirurgici. Tutto per raggiungere un ideale che, diciamolo, non esiste davvero. E, se esiste, costa troppo.
La trappola del "casualmente" perfetta
Quante volte abbiamo guardato qualcuno e pensato: “Che bello, sembra perfetto senza nemmeno provarci”? Ma è una bugia. Anche l’apparente semplicità richiede uno sforzo immane. Dietro quei volti “casuali” ci sono ore di lavoro invisibile, dalla cura della pelle con maschere LED a tatuaggi semipermanenti per sopracciglia e labbra.
E la cultura del "bello senza sforzo" non perdona. Non importa se sei giovane o adulto, uomo o donna. La pressione c’è, e cresce con l’età, quando ogni ruga diventa una sconfitta e ogni capello bianco un campanello d’allarme.
La bellezza di oggi è una valuta in costante deprezzamento. Più ci avviciniamo agli standard, più questi si alzano. È un’inflazione estetica che non si ferma mai, e ci costringe a correre dietro a ideali sempre più irraggiungibili. Botox e filler, un tempo riservati all’élite, sono ora accessibili a tutti. Ma basta? Ovviamente no. Perché ciò che oggi è sufficiente domani sarà considerato poco.
E così, il lavoro di apparire belli diventa un ciclo infinito. Un sacrificio continuo sull’altare della perfezione.
La bellezza vale davvero la pena
Arriviamo al punto cruciale: tutto questo sforzo, tutta questa spesa, portano davvero la felicità? Forse sì, per un momento. Un complimento, uno sguardo di ammirazione, un like sui social. Ma la verità è che la bellezza non dura, e soprattutto non salva.
E allora, vale davvero la pena sacrificare il proprio tempo, i propri soldi e persino la propria salute per inseguire un ideale che ci rende schiavi? La risposta è soggettiva, ma resta una riflessione amara: la cultura dell’apparire ha reso la bellezza una merce. E come tutte le merci, il suo valore dipende solo da quanto siamo disposti a pagarla.
Una riflessione
Forse non possiamo cambiare il mondo, ma possiamo cambiare il modo in cui lo guardiamo. Possiamo scegliere di vedere la bellezza dove non ci sono filtri né trucchi, dove le rughe raccontano storie e le imperfezioni ci rendono umani. È una scelta difficile, certo, ma forse l’unica che ci permetta di liberarci da una cultura che ci vuole tutti perfetti, ma mai davvero felici.
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