digiuno intermittente

Digiuno intermittente: moda o scienza?

Scienza e ambiente

Scottano le parole “digiuno intermittente” nelle ultime due settimane, da quando l’immunologa-celebrità Antonella Viola, nell’anticipare i contenuti del suo nuovo libro, ha dichiarato di praticare da due anni una forma di digiuno intermittente (la TRE, Time Restricted Eating) non solo per regolarizzare il proprio peso, ma soprattutto come strumento di benessere e longevità.

Ma non sono solo le parole di Antonella Viola o degli esperti di nutrizione, che si sono pronunciati in merito negli ultimi giorni, a rendere il digiuno intermittente un tema tanto attuale quanto controverso. Tra libri per il pubblico e applicazioni per gli smartphone, le diverse pratiche di digiuno conquistano uno spazio sempre maggiore nella realtà delle persone alla ricerca di strategie per mantenersi in forma e in salute.

Il digiuno intermittente poi, esercita un fascino particolare, perché a differenza delle diete classiche di continua restrizione calorica, sembra paradossalmente meno rigido e impositivo. “Sembra”, appunto:

«Il rischio è che questi digiuni aprano la porta ad azioni dannose per lo stato di salute; le persone rischiano di intraprendere una forma di digiuno da sole, senza la guida di uno specialista, sottoponendosi a forti restrizioni caloriche per poi continuare a mangiare pasti non equilibrati o non salutari, che rimangono dannosi, nonostante il periodo di digiuno»

commenta Mauro Serafini, professore di Nutrizione umana all’Università di Teramo e membro del Gruppo 2003 per la ricerca scientifica.

E quando si tratta di alimentazione, protagonista indiscussa della nostra quotidianità, vi sono altri fattori da considerare, come gli effetti sociali e psicologici: i quattro direttori del corso di laurea in Medicina dell’Università di Padova allertano:

«Il digiuno intermittente è associato in modo scientificamente significativo, specie nelle giovani donne, a disturbi psicopatologici alimentari»

e aggiungono come saltare la cena per più volte la settimana corrisponda «a deprivare una famiglia di un rito importante (…) con possibili deleterie implicazioni sui figli e sulla famiglia stessa. Non cenare insieme per aderire a diete che prevedono di saltare il pasto serale rischia di creare isolamento».

Ma in un mondo in cui l’obesità e il sovrappeso coinvolgono il 39% della popolazione, il digiuno intermittente attira l’interesse, anche della comunità scientifica, come potenziale strategia di intervento; la domanda che sorge è: quanto  –  e “solo” – potenziale?

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