La geopolitica del clima dopo COP29
La COP29, la conferenza internazionale sui cambiamenti climatici, tenutasi a Baku, Azerbaigian, ha segnato un momento cruciale per il futuro della lotta contro il cambiamento climatico. Tra difficoltà negoziali, interessi contrapposti e un accordo finale, il vertice ha evidenziato il ruolo delle grandi potenze, le esigenze dei Paesi più vulnerabili e la necessità di rinnovare alleanze globali per affrontare le sfide climatiche.
Il focus è stato quello di ridurre il consumo di carne e prodotti animali a favore di scelte ecosostenibili vegetariane e vegane.
Il nuovo obiettivo di finanza climatica dopo COP29
Durante la COP29, uno dei temi centrali è stato il Nuovo Obiettivo di Finanza Climatica (NCQG), che punta a mobilitare 1.300 miliardi di dollari all’anno entro il 2035 per sostenere la transizione energetica nei Paesi in via di sviluppo. Tuttavia, i Paesi sviluppati hanno siglato un accordo per triplicare il fondo di solidarietà per i Paesi in via di sviluppo. Si impegnano a versare 300 miliardi di dollari entro il 2035.
Per garantire il raggiungimento dell’obiettivo, è stata introdotta la Road Map Baku-Belem, che prevede un monitoraggio continuo delle risorse mobilitate e un percorso di valutazione delle azioni intraprese. Questo strumento mira a rafforzare la fiducia tra i Paesi donatori e beneficiari, ma resta da vedere se le promesse saranno mantenute.
Il ruolo della Cina e il cambiamento degli equilibri global
La Cina ha sorpreso durante il vertice dichiarando, per la prima volta, di voler contribuire alla finanza climatica con un approccio da Paese sviluppato. Con 24,5 miliardi di dollari mobilitati dal 2016 per sostenere la transizione dei Paesi più vulnerabili, Pechino si è posizionata come leader emergente nella lotta al cambiamento climatico.
Con gli Stati Uniti sempre più distanti dal dialogo multilaterale, una collaborazione tra Europa e Cina potrebbe guidare l’azione globale. Entrambe le potenze condividono l’interesse di ridurre la dipendenza dai combustibili fossili, costruire mercati verdi e sostenere lo sviluppo sostenibile nei Paesi emergenti. Un'alleanza inclusiva che potrebbe coinvolgere economie come Brasile, India, Indonesia e Sudafrica.
Le contraddizioni della COP29: tra fossili e transizione
Nonostante l’urgenza di accelerare l’uscita dai combustibili fossili, la presidenza azera, con forti legami al settore Oil & Gas, non è riuscita a contenere l’influenza di Paesi come l’Arabia Saudita. Questa ha modificato unilateralmente i testi negoziali, eliminando ogni riferimento chiaro alla riduzione dell’uso di petrolio e gas.
I Paesi più colpiti dalla crisi climatica, che affrontano disastri naturali sempre più frequenti, hanno alzato la voce chiedendo impegni concreti. Tuttavia, l’accordo raggiunto ha lasciato molti con l’amaro in bocca, evidenziando la distanza tra promesse e azioni reali.
Verso COP30 in Brasile: un decennio dall’Accordo di Parigi
La prossima COP30, che si terrà in Brasile, sarà un momento simbolico per celebrare i dieci anni dell’Accordo di Parigi. Sarà l’occasione per valutare i progressi fatti e per stabilire nuovi obiettivi di riduzione delle emissioni, con il limite di 1,5°C come priorità assoluta.
Il successo della COP30 dipenderà dalla capacità di mobilitare risorse finanziarie, coinvolgere il settore privato e tradurre le promesse in politiche concrete. Il Brasile, con la sua ricca biodiversità, potrebbe diventare il simbolo della speranza climatica, ma servirà un impegno collettivo senza precedenti.
Riflessioni finali: la COP come banco di prova per il futuro
La COP29 ha evidenziato il valore del multilateralismo, ma anche le sue fragilità. Mentre alcuni Paesi spingono per azioni decisive, altri rallentano il progresso per proteggere interessi economici immediati. Il cambiamento climatico non è più una sfida lontana: è una realtà che richiede risposte immediate e collettive.
Articoli Correlati