
L’epidemia d’ansia dei giovani: crisi complessa oltre i social

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Ansia dei giovani. Negli ultimi quindici anni, i giovani di tutto il mondo hanno visto crescere drammaticamente i casi di depressione, ansia e tentativi di suicidio. Questa tendenza allarmante viene spesso attribuita, in maniera semplicistica, all’uso dei social media e degli smartphone. Tuttavia, studi approfonditi e autorevoli, come quello pubblicato dalla Commissione Lancet Psychiatry, rivelano una realtà ben più complessa. Il vero colpevole? Le condizioni economiche, sociali e politiche che plasmano le vite dei giovani.
Le risposte facili del populismo: una falsa narrazione
Viviamo in un’epoca in cui i problemi complessi trovano spesso risposte semplicistiche. I social media diventano il capro espiatorio ideale: strumenti moderni, diffusi e apparentemente superficiali, facili da incolpare. Ma le evidenze scientifiche raccontano un’altra storia. Secondo Candice Odgers, professoressa di psicologia all’Università della California a Irvine, "non esiste una sola ricerca che dimostri in maniera inequivocabile che i social media causino danni significativi alla salute mentale". I giovani infelici non diventano tali per l’uso del telefono, ma piuttosto si rifugiano nello schermo per sfuggire a realtà personali e sociali angoscianti.
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Cosa ci dicono i dati: correlazione non è causalità
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Negli Stati Uniti, dal 2000 al 2017, i tentativi di suicidio tra le giovani adolescenti sono triplicati. Questa crisi è stata definita dal Vice Ammiraglio Vivek Murthy, responsabile della Salute Pubblica americana, "la crisi della salute mentale dei giovani". Tuttavia, come dimostrano studi longitudinali, la correlazione tra screentime e depressione è spesso minima o addirittura inesistente. Gli adolescenti che già soffrono di disagio psicologico tendono a utilizzare di più i social media, non il contrario.
La Commissione Lancet Psychiatry identifica nei cambiamenti strutturali socio-economici i veri responsabili della crisi. Quattro decenni di politiche neoliberiste hanno creato il precariato, una condizione che mina le basi stesse della stabilità giovanile. Tra i fattori che contribuiscono al disagio:
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- Insicurezza lavorativa: i giovani affrontano mercati del lavoro instabili e prospettive di carriera limitate.
- Crisi degli affitti e impossibilità di acquistare una casa: il trasferimento di ricchezza verso le generazioni precedenti ha ridotto le possibilità economiche dei giovani.
- Debito studentesco crescente: un fardello economico che pesa sul futuro.
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Questi fattori economici e sociali si intrecciano con le pressioni accademiche, amplificate dal timore di un fallimento che condannerebbe alla marginalizzazione.
Clima e ansia esistenziale: una minaccia invisibile
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Un altro elemento cruciale è il cambiamento climatico. La generazione attuale si trova ad affrontare una crisi ambientale senza precedenti, vissuta come una minaccia esistenziale. La pressione di vivere in un mondo in cui il futuro appare incerto alimenta sentimenti di ansia e impotenza. Come osserva il rapporto Lancet, questa consapevolezza ha un impatto diretto e duraturo sulla salute mentale dei giovani.
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Una narrativa sbagliata: i rischi del “colpevole facile”
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Incolpare i social media distoglie l’attenzione dai veri problemi e rischia di rallentare le soluzioni necessarie. La realtà è che i giovani trovano nei social uno spazio per costruire connessioni, esplorare interessi e condividere esperienze. Gli effetti negativi, come il cyberbullismo o l’idealizzazione di modelli irrealistici, esistono, ma non sono la causa primaria della crisi.
Come affrontare la crisi: proposte per un cambiamento strutturale
La soluzione non può limitarsi a regolare l’uso dei social. Serve un cambio di paradigma:
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- Riforme economiche: politiche che riducano il precariato e aumentino la sicurezza lavorativa.
- Accesso alla casa: programmi per agevolare l’affitto e l’acquisto di abitazioni.
- Supporto psicologico: garantire servizi accessibili e specifici per la salute mentale dei giovani.
- Educazione ambientale: fornire strumenti per comprendere e affrontare il cambiamento climatico.
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Continuare a incolpare i social media significa perpetuare un’illusione pericolosa, mentre il vero cambiamento si trova nelle scelte politiche, economiche e sociali. È il momento di riconoscere che la salute mentale non è un problema individuale, ma il riflesso di una società che deve cambiare le sue priorità.
E noi, come società, siamo pronti a raccogliere questa sfida?
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